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Un mestiere pericoloso / La vita quotidiana dei filosofi greci - recensione
Francesco Ranci

Notizie
Luciano Canfora
Un mestiere pericoloso
La vita quotidiana dei filosofi greci
Sellerio Editore, Palermo
Pagg. 234, £. 18.000

Recensione di Francesco Ranci

Canfora contrappone "teologica dedizione ad una 'verità' incomprensibile" ad "incoercibile impulso razionale di matrice filosofica" (p.192), e presenta la filosofia come irrimediabilmente contrapposta al potere. Inizia, ovviamente, con il processo a Socrate, continua con fallimento di Platone a Siracusa (dove avrebbe dovuto guidare il locale tiranno Dionigi nell'edificazione del "giusto" regime e invece fu costretto a tornare ad Atene, dove quel macedone di Aristotele gli rompeva le uova nel paniere), e conclude con la morte violenta di Aristotele (non si sa se avvelenato dai greci, visto che era una superspia del suo pupillo il sovrano macedone Alessandro oramai padrone della Grecia ed impegnato all'estero in interminabili campagne militari, o se avvelenato dai macedoni, come mandante di una congiura contro lo stesso Alessandro: sembra più probabile la seconda ipotesi, perché muore dopo aver rotto i rapporti con il grande sbudellatore).
A latere, Anassagora fuggito da Atene, Ipazia squartata da una squadraccia di monaci cristiani in un giorno di "Quaresima" dell'anno 415 , Cartesio avvelenato dai gesuiti, Husserl che perse la cattedra per mano dei nazisti, potremmo aggiungere Bogdanov e gli altri "machiani" fatti fuori da Lenin in quanto rappresentanti della "scienza borghese", e così via.
La tesi mi sembra debole. Per ogni Husserl ci sono sempre un Heidegger ed un Gentile, e così per ogni Cartesio ci sono un Locke, un Leibnitz, un Berkeley e un Kant, che con i rispettivi sovrani hanno tenuto buoni rapporti. Ad Atene, la scuola platonica fu abolita nel 529 d.C. da Giustiniano, ma Damascio e i suoi accoliti poterono riparare in Persia, mentre altri filosofi facevano carriera nel mondo cristiano . Poi, anche se di un "impulso razionale di matrice filosofica" avesse senso parlare, la tesi andrebbe in ogni caso corretta rilevando che ben magre sono state le soddisfazioni che esso ha saputo procurarsi. Infine, la ben curata ricostruzione storica di Canfora dimostra proprio che i filosofi hanno sempre giocato al gioco del potere. E così, purtroppo, ma del resto ovviamente, qualcuno ci ha lasciato le penne prima del tempo. Il mestiere è pericoloso, ma non perché porta irrimediabilmente allo scontro con il potere. Al contrario, fa parte dei rischi del mestiere del filosofo perdere il potere, o dover rinunciare al potere che voleva, invece, esercitare. Nel momento in cui si propone di convincere gli altri, di solito i potenti, anziché cercare di sopraffarli fisicamente (questo sembra intendere Canfora con l'espressione "impulso razionale di matrice filosofica"), come fa Platone a Siracusa, sulla scia delle discussioni ateniesi in cui Socrate secondo lui l'aveva sempre vinta (tranne che al processo dove questo proprio non si può sostenere se non affermando che il maestro voleva morire, come infatti dice l'altro allievo Senofonte), il filosofo usa una strategia che può risultare più o meno efficace a seconda delle situazioni, e lo può dire se incontra quella tolleranza per le differenze di opinione che, di solito, lui avversa in nome della "conoscenza".

D'altra parte, questo libro di Canfora ha il merito di raccontarci per filo e per segno la farsa bibliografica di Aristotele. Fu Silla a prelevare i documenti da Atene, conquistata militarmente, per fare terrorismo culturale a Roma. Si trattava di appunti scritti da mani ignote. Presupponevano che il lettore avesse udito una voce, sulle cui parole si doveva tacere, se non per porre un'umile domanda faccia a faccia . Gli originali erano marciti nella cantina dei discendenti dell'allievo designato alla successione, che abbandonò Atene per la stizza di non essere stato eletto da colleghi evidentemente irrispettosi del testamento morale del maestro. Quando, ridotti a brandelli, furono finalmente venduti, l'acquirente ateniese, tal Apellicone, ne ricavò, copiando e inventando, dei testi, quelli sequestrati da Silla. In Roma, Tirannione ed Andronico costruirono i famosi "trattati" in epoca augustea, quando le acque si erano un calmate (e sotto la censura del nipote di Cesare). Canfora rileva poi che, se si legge, i concetti subiscono drastiche riformulazioni . A testimonianza della precaria sistemazione data a lezioni che non conseguirono, in tredici anni, un assetto stabile . Spero che nel prossimo libro Canfora si occupi della teoria della conoscenza che in quei "trattati" sarebbe contenuta, e delle vicende del suo termine cruciale: "astrazione".torna all'indice

P.S. Il metodologo-operativo, invece, nel momento in cui propone delle analisi alternative a quelle filosofiche, riguardo ai significati di "mente, "conoscenza", "realtà", "valori", e così via, si contrappone ad una tradizione che, pur dilaniata da lotte intestine, è accomunata da presupposti condivisi, la cui autocontraddittorietà costituisce certamente una debolezza, allorquando ce ne si renda conto, ma solo per chi valorizzi la consapevolezza e di conseguenza la coerenza delle proprie analisi: scelta raramente redditizia. Insomma gioca la partita del potere con ben altro handicap.
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Saggi ricevuti: Giuseppe Vaccarino, La Mente.

Venerdì 16 giugno 2000 alle ore 20.00 presso la libreria Tikkun, via Montevideo 9 Milano, Felice Accame, Ida Farè e Carlo Oliva presenteranno "Spazio" di Bruno Giorgini, Edizioni CLUEB.torna all'indice