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![]() Indice Da Who's who in Italy... Felice Accame ![]() Scienza e pettegolezzo Ovvero di alcuni pettegolezzi su Hopi, eschimesi e scimpanzè Marco M. Sigiani ![]() Notizie ![]() Felice Accame Da Who's who in Italy (Milano 1997), alla voce "Ceccato Silvio (Prof.)", ricavo quanto segue: Luogo e data di nascita (corretti), recapito e numero telefonico (corretti) e inoltre: "educ.: degree in law; studied music composition. car.: collaborated with the American government in the development of a mechanical translating system; together with Euratom and CNR, created a project for a mechanical reporter (cybernetic model); 1956, planned and constructed the first Italian prototype of an electronic brain, called Adamo II; taught theoretical philosophy and applied linguistics, IULM (Milan University Institute of Modern Languages); also taught cybernetics; founded Scuola Operativa Italiana; dir. Cybernetics Centre, Univ. Of Milan; chmn. And legal representative Centro Internazionale Ricerche sulle Strutture Ambientali "Pio Manzù"; at present, vice-pres. FAS (National Association of Philosophy, Arts and Sciences); pres. Centro Sperimentale di Giornalismo (Centre of Experimental Journalism); lecturer, Faculty of Modern Applied Sciences, Accademia Tiberina of Rome, Vigevano section; jounalist on several magazines and national newspapers including "Il Resto del Carlino". publs.: "Il linguaggio con la tabella di Ceccatieff" (1951); "Un tecnico tra i filosofi": I come filosofare, II come non filosofare, Marsilio (1964-65); "Cibernetica per tutti", Feltrinelli (1969-70); "Corso di linguistica operativa" (1969); "Il maestro inverosimile", Bompiani; "La terza cibernetica", Feltrinelli; "Linguaggio consapevolezza pensiero", ibi; "Ingegneria della felicità", Rizzoli (1985); "La fabbrica del bello", ibi; "Le sei maschere di Don Giovanni", musical; "Il perfetto filosofo", Laterza. Aw.: Vulcano nel Mondo (1990)". Come si può facilmente constatare - a parte qualche maiuscola e notevoli imprecisioni di ordine bibliografico - si tratta di una fonte ben più informata di quelle utilizzate dagli eminenti uomini di cultura che di Ceccato hanno scritto i necrologi. Felice Accame P.S.: tale fonte pare più informata anche dello stesso Ceccato laddove si riassumeva vita e pensiero in C'era una volta la filosofia. Ciò non toglie affatto che questa fonte sia, anche questa volta, lui medesimo. ![]() ![]() Ovvero di alcuni pettegolezzi su Hopi, eschimesi e scimpanzè Marco M. Sigiani Nel n. 88 di questi Working Paperss Felice Accame ha già scritto alcune cose a proposito del libro di Steven Pinker L'istinto del linguaggio (Rizzoli, 1997, ed. originale 1994). Non solo questo libro è stato acclamato da molti studiosi in America , e ovviamente in Italia (per esempio da Enrico Bellone, colto in flagrante contraddizione "epistemica" da Accame), ma è stato anche nella hit parade delle vendite americane. Il successo popolare è, tutto sommato, comprensibile: il libro è scritto bene, in uno stile diretto, chiaro e vivace. Per inciso, il successivo libro di Pinker How the Mind Works, edito in USA da pochi mesi, è già entrato a sua volta nelle classifiche di vendita. Ci sono diverse ragioni per tornare sull'Istinto del linguaggio. Una delle ragioni è la divertente e utile denuncia di alcune "assurdità convenzionali" nell'ambito degli studi sul linguaggio, dove per "assurdità convenzionale" Pinker intende "un'affermazione che va contro qualsiasi buon senso ma a cui tutti credono perchè si ricordano vagamente di averla sentita da qualche parte". Fra queste assurdità convenzionali Pinker include diversi "pettegolezzi scientifici" spesso invocati a sostegno della celeberrima ipotesi di Sapir-Whorf. Molto del lavoro "creativo" su questo argomento si deve, più che a Sapir, a Whorf, ammiratore di Sapir e ispettore di una compagnia di assicurazioni. Fu Whorf, ad esempio, che diffuse la notizia secondo cui nella lingua hopi mancherebbe qualsiasi riferimento temporale; scrisse infatti che la lingua hopi non contiene "parole,forme grammaticali, costruzioni o espressioni che si riferiscano direttamente a quello che chiamiamo 'tempo', al passato, al futuro o al perdurante o al finire". Pinker cita al riguardo la traduzione di una frase hopi, riportata dall'antropologo Malotkik: "E allora, il giorno seguente, molto presto al mattino, all'ora in cui si prega il sole, intorno a quell'ora in cui si prega, intorno a quell'ora dunque egli svegliò di nuovo la ragazza." Pinker commenta: "Forse gli Hopi non sono così lontani dal concetto di tempo come li fa essere Whorf". Whorf scrisse anche che gli hopi mostravano poco interesse per "le sequenze esatte, le date, i calendari e la cronologia". Pinker riferisce che "nel suo studio particolareggiato della lingua hopi, l'antropologo Ekkehart Malotki (...) mostrò anche che la parlata hopi contiene tempi verbali, metafore del tempo, unità di tempo (inclusi giorni, numeri dei giorni, parti del giorno, ieri e domani, giorni della settimana,settimane, mesi, fasi lunari, stagioni e l'anno)... La loro cultura si serve di sofisticati metodi di datazione che includono un calendario solare basato sull'orizzonte, le sequenze esattte dei giorni festivi, calendari costituiti da cordicelle annodate o da bacchette intagliate e molti meccanismi per misurare il tempo, basati sul principio della meridiana." E così conclude: "Nessuno sa con sicurezza da dove Whorf abbia tratto le sue bizzarre affermazioni, ma a esse devono aver contribuito il suo limitato e male analizzzato esempio di parlata hopi e le sue tendenze mistiche." A quanto pare, Vaccarino aveva dunque qualche ragione per meravigliarsi che alla cultura hopi fosse preclusa (da Whorf) la categoria di "tempo". Interessante è anche l'evoluzione epidemiologica di un altro "pettegolezzo" di grande successo: il gran numero di parole di cui disporrebbero le lingue eschimesi per designare la neve. Pinker riferisce la ricostruzione che ne è stata fatta dall'antropologa Laura Martin. Nel 1911 Boas menzionò quasi "incidentalmente" che gli eschimesi ricorrevano a quattro radici lessicali, non imparentate etimologicamente, per designare la neve. Whorf portò la cifra a sette, ma facendo capire che la stima era per difetto. Il suo articolo, stampato e ristampato, citato e ricitato, ha portato a stime sempre più inflazionate, fino a toccare quota quattrocento. Pinker afferma che un dizionario riduce la cifra a due, ma riconosce che, adottando criteri generosi, gli specialisti di queste lingue arrivano ad ammettere dodici parole. Peraltro Pinker fa notare che l'inglese non è molto al di sotto con snow, sleet, blizzard, avalanche, hail, hardpack, powder, flurry, dusting. Pinker, bisogna ammetterlo, si risparmia la fatica di spiegare ai suoi lettori con quale criterio si passi da due a dodici parole, una cifra pur sempre superiore a quella indicata dal povero Whorf. Ma il punto su cui concordo appieno con Pinker è che non si capiscono le ragioni per cui la leggenda delle "nevi eschimesi" abbia colpito tanto la fantasia degli onesti studiosi e del grande pubblico. Non è affatto chiaro quali implicazioni "filosofiche" si possano trarre da un fatto che, prima ancora che falso, è banale. Tutte le lingue contengono interi settori "gergali" specializzati in corrispondenza con attività specializzate. Non è una sconvolgente rivelazione che la lingua italiana contenga un ricco lessico per indicare utensili di uso comune come bullone, cavaturaccioli, cucchiaino, parole che indicano costrutti assenti, poniamo, nelle lingue aborigene australiane, da cui ci è venuta invece la parola boomerang, il cui significato era ovviamente assente nella lingua italiana. La metafisica starebbe piuttosto nel pensare che vi sia chissà quale differenza "filosofica" o "epistemica" fra:
Espressioni come "linguaggio del pensiero" e "mentalese" sono alquanto metaforiche. Meno metaforica è invece l'analisi sistematica dei significati condotta da Giuseppe Vaccarino, il quale è perciò in grado di avere più di un vago sospetto circa la somiglianza fondamentale delle modalità costruttive dei significati, nello stesso tempo in cui può spiegare nel medesimo sistema analitico come ciascuna lingua provveda a costruire proprie soluzioni morfemiche e propri costrutti lessicali. Nel mondo perfetto dove tutti sono informati, buoni ed onesti, Pinker sta lavorando giorno e notte per tradurre in inglese le opere di Vaccarino, e per dare al mondo la buona novella che il "mentalese" tanto agognato è stato alfine scoperto a Olivarella del Mela. Nel mondo darwiniano in cui viviamo, dove scienza e pettegolezzo si scambiano ancora i ruoli con frequenza inquietante, gli eschimesi continuano ad avere 400 nomi per la neve e l'analisi dei significati di Vaccarino è un miraggio di cui la "comunità scientifica" resta ignara. Finora ho parlato bene di Pinker. Ma se rimaniamo al tema "scienza e pettegolezzo" e giungiamo fino a pagina 330 dell'edizione italiana del suo libro, ci imbattiamo in un altro tipo di pettegolezzo, e questa volta Pinker ne è il responsabile. La cosa particolarmente sgradevole è che Pinker origina tale pettegolezzo proprio mentre pretende di confutarne un altro. "La mia prozia Bella - egli scrive - sosteneva con tutta sincerità che il suo gatto siamese Rusty capiva l'inglese. Molte affermazioni degli istruttori di scimmie non hanno maggior validità scientifica. Essi vengono per lo più dalla scuola comportamentista di Skinner e non sanno nulla degli studi sul linguaggio..." (p.329) Ne segue un irridente quanto sommario "massacro" delle pretese capacità semantiche degli "scimpanzè parlanti", e in particolare degli scimpanzè addestrati all'uso di lingue gestuali come l'American Sign Language (ASL). Nell'ordine sono "liquidati" gli esperimenti condotti con gli scimpanzè Koko, Washoe, Nim Chimsky (così chiamato in onore di Noam Chomsky) e Kanzi (che non utilizza un linguaggio gestuale, ma una tavoletta grafica). Ma proprio mentre Pinker sta mostrando le forzature in cui sarebbero incorsi i ricercatori nell'interpretare i gesti delle scimmie, compaiono incidentalmente quattro righe su anonimi scimpanzè che per comunicare non usano i gesti ma un computer. "Negli esperimenti in cui gli scimpanzè interagivano con il calcolatore, il tasto che lo scimpanzè doveva premere per accenderlo era stato tradotto con le parole per favore. Ann Petitto stima che con criteri più severi l'entita vera del lessico sarebbe più vicina alle 25 parole che alle 125". (p.330) Il più normale dei lettori si potrebbe chiedere di che cosa stia parlando Pinker. Di quali esperimenti si tratta? Come fanno gli scimpanzè ad "interagire con il calcolatore"? E che significa "interagire con il calcolatore". Di quale lessico si sta parlando? Queste curiosità il lettore di Pinker se le può tenere, perchè anche le note non danno alcun ragguaglio sugli esperimenti cui ci si riferisce. In questo contesto, la rispettabile opinione della signora Ann Petitto (il cui articolo è accuratamente citato in nota) vale quanto qualsiasi altra opinione, per la semplice ragione che non si può pretendere di confutare qualcosa senza neppure nominarlo. Queste tecniche sono ammesse nelle pratiche del pettegolezzo, ma non sono ammesse nella pratica scientifica in nome della quale Pinker pretende di liquidare gli esperimenti di comunicazione con gli scimpanzè alla stregua delle dicerie della sua prozia. Il normale lettore di Pinker non è tenuto a saperlo, ma gli indizi seminati da Pinker consentono di affermare con una certa sicurezza che l'esperimento cui si allude pettegolescamente nella frase incidentale di p. 330 è quello condotto con lo scimpanzè Lana negli anni Settanta. Il lessico cui Pinker si riferisce cripticamente è il lessico del linguaggio artificiale denominato "yerkish", costruito appositamente da von Glasersfeld e Pisani per il Lana Project. Molti dei lettori di questi Working Paperss conoscono probabilmente il libro di Ernst von Glasersfeld Linguaggio e comunicazione nel costruttivismo radicale, coedito nel 1989 dalla CLUP di Milano e dalla benemerita Società di Cultura Metodogico-Operativa. Essi potranno trarne informazioni di prima mano sul Lana Project , particolarmente ai capitoli IX ( "Gli scimpanzè e il linguaggio") e il capitoli XIII ("La lingua yerkish e il suo parser automatico"), in cui sono tradotti i saggi "Les chimpanzés et le langage" (La Recherche, 1978, 9 (92), 725-732) e "The Yerkish Language and its Automatic Parser" (in D.M. Rumbaugh, ed., Language Learning by a Chimpanzee, New York: Academic Press, 1977). Nel libro in questione i lettori potranno leggere, ad esempio, che la funzione attribuita per costruzione al tasto please nella sintassi yerkish era quella di aprire le frasi imperative, e non di accendere il computer (p. 257 ). Vi si legge inoltre che gli autori dello yerkish avevano predisposto ben 30 lessicogrammi (corrispondenti ad altrettanti tasti sulla consolle a disposizione di Lana) soltanto per designare le funzioni correlazionali. (p. 245) Pettegolezzo per pettegolezzo, trascrivo qui, dal citato libro di Glasersfeld, la traduzione dallo yerkish di una conversazione, avvenuta ovviamente via computer, fra lo scimpanzè Lana e il suo interlocutore umano (la conversazione è stata automaticamente registrata dal computer, come tutte le altre frasi che Lana componeva alla consolle): LANA: Tim dare a Lana nome di questo TIM: Scatola nome di questo LANA: Tim dare a Lana questa scatola (p. 174) Parafrasando Pinker, verrebbe voglia di dire che forse gli scimpanzè non sono così lontani dal linguaggio come li vorrebbe Pinker. Naturalmente bisognerebbe precisare che cosa si intenda in questo caso per "linguaggio", ma ciò implica che si esca dal campo del pettegolezzo sugli "scimpanzè parlanti" o sulla presunta deficienza genetica degli scimpanzè in campo semantico. Come vedremo tra poco, il "pettegolezzo scientifico" sugli scimpanzè investe persino l'indagine neuroanatomica e neurofisiologica. L'importanza dell'esperimento Lana non riguardava la possibilità di trarre conclusioni sulle capacità semantiche degli scimpanzè; riguardava, e riguarda, la chiara indicazione dell'opportunità di proseguire la ricerca in questo campo. Di solito la funzione del pettegolezzo scientifico è opposta: mostrare la vanità di un ulteriore sforzo di ricerca. La sperimentazione con linguaggi del tipo yerkish, a quanto ne sappiamo, è stata interrotta e non è stata mai più ripetuta. ![]() Un buon modo per rendere omaggio al lavoro di Ceccato è sicuramente quello di "non mollare" sull' esperimento Lana. Se può sembrare che nelle righe precedenti io abbia voluto polemizzare con Steven Pinker, vorrei subito dire che non è questo il mio scopo principale. Vorrei invece chiedermi perchè persone come Pinker, a distanza di vent'anni, ancora oggi non mollano quando si tratta dell'esperimento Lana, e sentono il bisogno di ricorrere a mosse poco corrette. Debbono esserci ragioni piuttosto serie, su cui è bene tornare a riflettere. Vorrei perciò chiedere a Ernst von Glasersfeld la sua opinione sull' articolo di Ann Petitto, unico argomento addotto da Pinker contro un esperimento non citato. A mio giudizio, la polemica che si scatenò sugli "scimpanzè parlanti", e in particolare sul Lana Project, è di importanza paragonabile solo alla grande polemica ottocentesca sulla teoria di Darwin. Ancora una volta è la posizione "isolata" dell'uomo nel processo evolutivo a scatenare le passioni e gli interessi. Com'è noto, Chomsky non ha mai nascosto le sue perplessità circa l'inserimento del linguaggio nel quadro dell'evoluzione darwiniana. Fissando come paradigma un "istinto del linguaggio" e un "organo del linguaggio" di esclusivo dominio dell' Homo sapiens, Pinker ed altri neo-chomskiani tentano ora di rovesciare il "creazionismo latente" del caposcuola. Il tentativo non è dei più semplici, anche perchè non è facile far quadarre l'ipotesi nella cornice sempre più stretta di dati paleontologici, archeologici e di cronologia molecolare su Homo sapiens e sulla complicata catena di ominidi estinti che collegano Homo sapiens e scimpanzè al non lontano ascendente comune. Dove inserire l'ipotetica discontinuità fra specie ominidi dotate dell'"organo del linguaggio" e specie che ne sono prive? In questo quadro le ricerche genetiche e interdisciplinari del gruppo di Cavalli-Sforza acquistano un rilievo del tutto particolare, e su di esse mi riprometto di tornare nei prossimi Working Paperss. Per il momento, mi limito ad accennare all'opinione di Cavalli-Sforza secondo cui il quadro genetico, archeologico e paleontologico sembrano suggerire un processo di rapida evoluzione del linguaggio vocale nella specie Homo sapiens, intervenuto probabilmente non prima di 70.000-100.000 anni fa. Se così fosse, il linguaggio vocale della nostra specie potrebbere essere successivo alla comparsa dell'uomo anatomicamente moderno, che sembra databile a più di 100.000 anni fa... Inoltre, poichè non si può pensare che tale evento sia accaduto come un fulmine a ciel sereno, si pone ovviamente lo spinoso problema di eventuali protolinguaggi e, comunque, delle capacità semantiche attribuibili ai predecessori di Homo sapiens. Fatalmente, ricompaiono in campo i pettegolezzi sugli scimpanzè. Cavalli-Sforza non è un paleontologo, e deve quindi "accomodare" anche le opinioni di alcuni autorevoli paleontologi - come Tobias - che vorrebbero collocare in epoche remotissime la "discontinuità" linguistica fra il genere Homo e gli altri primati. "E' difficile dire se lo sviluppo sia stato graduale o se sia passato per diverse tappe. E' possibile, comunque, che già Homo habilis (più di due milioni di anni fa) avesse la possibilità di parlare. Tobias ha dimostrato che i sei crani che si sono potuti analizzare mostrano una fossa più accentuata a sinistra, nella regione dell'emisfero cerebrale dove si trova, nell'uomo moderno, una protuberanza del cervello, in corrispondenza del centro di Broca, uno dei centri neurologici della parola. L'osservazione esposta da Tobias mostra dunque che questo centro aveva già raggiunto un certo grado di sviluppo nella prima specie che ci degniamo di chiamare con il nome del genere Homo. La protuberanza che, nel lobo temporale di sinistra, corrisponde al centro di Broca non esiste nelle scimmie." (Luigi Luca Cavalli-Sforza, Geni, popoli e lingue, Adelphi, 1996, p. 252). Lasciando a Tobias le sue responsabilità, vorrei richiamare l'attenzione sul diffuso pettegolezzo secondo cui il cervello degli scimpanzè mancherebbe delle strutture lateralizzate che nell'Homo sapiens sono correlabili al linguaggio. A quanto pare, almeno per quanto riguarda l'area di Werniche, di pettegolezzo si tratta. Mi riferisco a una ricerca pubblicata in un articolo su Science del 9 gennaio scorso. Riproduco di seguito un resoconto in lingua italiana, quindi due resoconti in inglese, entrambi ricavati da Internet. L'area di Broca è, per il momento, ancora salva nel monopolio del genere Homo. Su quella di Wernicke non ci siamo. Investire qualcosa della proprietà di essere organo di una funzione richiede una certa cautela metodologica. Non so se Pinker sia cauto nel parlare di "organ-o" del linguaggio (al singolare) quando i "pezzi" cerebrali in gioco sono almeno due, ed uno potremmo condividerlo con Lana and Co. ![]() ![]() (lo trovate nel sito Internet de La Repubblica) L'uomo e la scimmia Il difficile dialogo fra primati di Marina Bidetti (...) Da anni gli studiosi tentano di capire se i primati possano imparare a comunicare tra di loro e con gli esseri umani attraverso un linguaggio vero e proprio. Ma fino a questo momento i risultati delle ricerche si sono rivelati ambigui. E c'è chi dubita che su questa strada si possa mai giungere a risultati significativi. Le fondamentali differenze fisiologiche tra l'uomo e i grandi primati, che pure condividono oltre il 98 per cento del patrimonio genetico, fanno apparire questi tentativi del tutto velleitari. In effetti lo sviluppo cerebrale che permette all'uomo di controllare la fonazione è eccezionale rispetto agli altri primati. Nell'emisfero sinistro del cervello vi sono aree deputate al linguaggio, strettamente collegate tra loro: l'area di Werniecke, per la comprensione delle parole, e l'area di Broca, che controlla, anche se non da sola, l'emissione della voce. Negli scimpanzé non sembra esserci una simile articolazione, manca un omologo dell'area di Broca e ci sono meno connessioni. Proprio in questi giorni, però, uno studio pubblicato su Science sembra rimettere in discussione convinzioni radicate da decenni: il cervello dell'uomo e quello degli scimpanzé potrebbero essere più simili di quanto si pensi. E' quanto afferma Patrick Gannon, un ricercatore della New York's Mount Sinai School of Medicine. Secondo lo studioso, nello scimpanzé - così come nella specie umana - il "planum temporale", una componente chiave dell'area di Werniecke, è più sviluppato nell'emisfero sinistro che in quello destro. Una asimmetria, questa, a favore della parte del cervello deputata al linguaggio, ritenuta finora una caratteristica tutta umana. Gannon l'ha invece ritrovata in ben 17 sui 18 scimpanzé sottoposti a risonanza magnetica, e altri ricercatori sostengono di averla osservata anche in oranghi e gorilla. "Il planum temporale è la stessa area che usano i sordomuti quando comunicano con il linguaggio dei segni", afferma lo studioso. L'affinità anatomica però non dimostra che scimpanzé e altri grandi primati possiedano capacità linguistiche di tipo umano. "Piuttosto", dice Ralph Holloway, un antropologo della Columbia University che ha collaborato alla ricerca, "essa può far pensare che gli scimpanzé abbiano capacità comunicative superiori a quello che si riteneva". Finora si è tentato di insegnar loro dei sistemi di comunicazione umani; adesso, secondo lo studioso, si può cominciare a studiarne il linguaggio. Potrebbe trattarsi, secondo Halloway, di un complesso sistema di gesti, espressioni facciali e suoni. Il prossimo passo della ricerca sarà osservare utilizzando la Pet (la tomografia a emissione di positroni) il cervello di questi animali mentre comunicano... ![]() ![]() Posted 9 January 1998, 5 pm PST Chimps' Brains Skewed Toward Language Chimpanzees may be much better equipped for language than many scientists had previously thought: Their brains show the same asymmetry as human brains in part of an important language area. The finding, reported in today's issue of Science, suggests that language ability has expanded continuously throughout evolution, endowing chimps and other close human relatives with considerable capacity for communication. Humans have language centers in both hemispheres of the brain, but in 94% of people, a part of what's known as Wernicke's area is enlarged on the left, their dominant side for language. Because primates have similar structures, many scientists had concluded that human language developed from the asymmetry-which they assumed that chimps and other primates lacked. But that preconception doesn't hold up. When Patrick Gannon, an anthropologist at Mount Sinai Medical School in New York City, and colleagues from Columbia University and the National Institutes of Health measured the planum temporale in chimps-a part of their version of Wernicke's area-they found it was larger in the left hemisphere in 17 out of 18 preserved chimp brains, just as in most humans. Although reports in the scientific literature dating back to 1930 clearly disproved the idea that humans have an exclusive claim to this left-right asymmetry, the notion has been hard to dislodge. "I guess people wanted it to be unique in humans," Gannon says. The finding should bring more attention to the considerable work that has documented chimp language skills, says Duane Rumbaugh, a psychologist at Georgia State University in Atlanta and a leading chimp researcher. He notes that although chimps' vocal apparatus prevents them from speaking like humans, they can be taught to understand several hundred spoken human words and to communicate with sign language. ![]() ![]() Columbia, Mount Sinai Scientists Find Region That Controls Language Identical In Both Species; Chimps May Use Gestures To Communicate. Researchers at Mount Sinai School of Medicine, Columbia University and the National Institutes of Health have found that a region of the brain thought to control language is proportionately the same size in humans and chimpanzees, disproving a theory that the brain section was enlarged only in humans. The discovery, reported in the Jan. 9 issue of the journal Science, throws into question the role of the planum temporale, a part of the brain's parietal cortex that is located beneath the parietal cortex. The planum temporale of the left hemisphere is normally larger than in the right hemisphere in humans, but 94 percent of the chimpanzee brains studied demonstrated the same asymmetry. Could the research result be interpreted to mean that chimpanzees have some kind of language? "I don't think they have a language, but I do agree that they have some kind of communication system that might be more complex than we have heretofore thought," said Ralph Holloway, professor of anthropology at Columbia and co-author of the Science paper. He believes chimps may converse using a sophisticated array of facial, body and hand gestures, perhaps augmented with grunting or other vocalizations. Patrick Gannon, assistant professor and director of the Paleoneurology Research Laboratory in the Department of Otolaryngology at Mount Sinai, first suspected that chimpanzee brains might show the same asymmetry as those of humans. He sought the collaboration of Professor Holloway, who then assisted in measuring the planum temporale, which is not an obvious anatomical feature, on his collection of 18 chimpanzee brains. The Columbia anthropologist conducts comparative neuroanatomical studies on the chimpanzee brains in order to better understand evolution of the human brain. The research finding contradicts a long-standing scientific theory that only humans displayed the left-side brain enlargement. Nineteenth-century neurologist Carl Wernicke had noticed that patients with brain lesions of the posterior temporal lobe and parietal lobe - the same area studied by the Mount Sinai and Columbia researchers - could produce language but couldn't understand it. That region of the temporal cortex, also known as Wernicke's area, was thought to control language comprehension, but only in humans. "After 100 years of people doing comparative brain studies, you assume that the dogma is true. It came as quite a shock to discover that the chimpanzee brains did show the same asymmetry as humans," Dr. Gannon said. He first theorized that the received wisdom might not be true when he conducted magnetic resonance imaging studies of chimpanzee brains in an NIH study and noticed the discrepancy between the brain hemispheres. The authors of the paper proposed several possible interpretations of the experimental result, in addition to the possible existence of chimpanzee communication. If both chimps and humans have an enlarged planum temporale, their common ancestor probably had the feature as well, though the brain region may not have acquired its language functions until humans split off from other primates 6 to 8 million years ago. Finally, it may well be that the planum temporale is not involved in language in either chimps or humans. The research was supported by the National Science Foundation, the National Institute on Deafness and Other Communication Disorders of the National Institutes of Health and the Department of Otolaryngology and the Fishberg Research Center for Neurobiology at Mount Sinai. This document is available at http://www.columbia.edu/cu/pr/. Working press may receive science and technology press releases via e-mail by sending a message to rjn2@columbia.edu. ![]() ![]() Per iniziativa del Comune di Montecchio Maggiore, presso la Biblioteca Civica, il 28 marzo 1998 Felice Accame terrà la relazione introduttiva alla commemorazione di Silvio Ceccato. Indirizzi e-mail: Francesco Ranci: franci@cogsci.ucsd.edu È uscito il primo Working Papers dello Studio Karon - Studi di Estetica (Palazzo Tornielli, Via Marconi 3, 28071 Borgolavezzaro, Novara), oltre al Notiziario contiene un saggio di Marco Maiocchi dal metatitolo Anagramma e dal titolo Ti allietan, mago, giochi di versi! L'assemblea annuale ordinaria della Società di Cultura Metodologico-Operativa è convocata per venerdì 6 marzo 1998 alle ore 21.15 presso Nello Costanzo (Via Lazzaro Palazzi, 19 - Milano) con il seguente ordine del giorno: relazione del Tesoriere, relazione del Presidente, rinnovo delle cariche sociali, varie ed eventuali. Per partecipare all'assemblea è necessario essere in regola con la quota del 1997 (L. 250.000). Ricordiamo ai partecipanti ai Working Paperss che il 15 gennaio è scaduto il termine per il rinnovo dell'abbonamento 1998: la quota di L. 25.000 va inviata - o in francobolli (da L. 1.000) o tramite assegno non trasferibile - a Nello Costanzo, Via Lazzaro Palazzi 19, 20124 Milano. Comincia con questo numero la pubblicazione in Internet dei Working Paperss, in seguito saranno resi disponibili anche i numeri arretrati con relativi indici analitici. ![]() |